sabato 5 aprile 2008

Incontro conviviale a Lodi




Venerdì 4 aprile, nello storico covo dei Repubblicani lodigiani (http://www.isolacaprera.com/), il nostro senatore Antonio Del Pennino ha incontrato gli amici dell'Edera della bassa Lombardia, che spazia da Pavia a Mantova.



La squisita ospitalità e l'ambiente accogliente hanno ravvivato nei partecipanti la concreta speranza di avere anche per la prossima legislatura un rappresentante dell'Edera in Senato. E un rappresentante lombardo.



Il nostro senatore, particolarmente in forma, si è anche esibito sulla pista da ballo, come potete vedere con i vostri occhi.



martedì 29 gennaio 2008

DICHIARAZIONE DI VOTO SULA FIDUCIA AL GOVERNO PRODI

INTERVENTO DEL SEN. ANTONIO DEL PENNINO
Signor Presidente, onorevole Presidente del Consiglio,
non so se essere più ammirato o più indignato per la caparbietà che anche in questa circostanza ella ha dimostrato, per l'ostinazione con cui, malgrado gli autorevoli consigli, che la invitavano a prendere atto della fine della maggioranza che sostiene il suo Governo, ella ha voluto, invece, portare fino in fondo la sfida, presentandosi qui al Senato nella ricerca di un voto di fiducia che non otterrà.
Si potrebbe definirla, per fare una battuta, come ha fatto questa mattina un quotidiano, "capatosta", ma sarebbe una battuta e non darebbe appieno il senso di quanto sottostà alla sua decisione.
Il senatore Cossiga, negli scorsi giorni, ha avanzato il sospetto che Ella voglia trarre spunto dal voto di fiducia, ottenuto alla Camera e denegato dal Senato, per richiedere lo scioglimento solo di questo ramo del Parlamento. Non giungo a credere che ella voglia dar corpo a questa ipotesi, ma, se questo fosse il suo retropensiero, lo allontani: sarebbe un tentativo inutile e significherebbe solo cercare di porre in atto un imbroglio, dal momento che oggi non ci troviamo in presenza di diverse maggioranze nei due rami del Parlamento, rispondenti a due diverse indicazioni del corpo elettorale, ma, piuttosto, ad una situazione politica nuova, per cui nemmeno la maggioranza numerica che ha raccolto alla Camera risponde più alle indicazioni del voto popolare.
Il premio di maggioranza attribuito alla sua coalizione con le elezioni del 2006 era stato raggiunto, infatti, con il concorso determinante dei voti dell'Udeur, partito che oggi le nega il suo sostegno, per cui la fiducia che ha ottenuto alla Camera è puramente virtuale. Se lei ha scelto di presentarsi al Senato, senza la sottintesa speranza di determinare lo scioglimento di questa Camera, ciò significa allora che ha mirato e mira solo a irrigidire i rapporti tra le forze politiche, per evitare che si aprano quegli spiragli di dialogo fra i due schieramenti che il leader del suo partito, l'onorevole Veltroni, aveva lasciato intravedere nelle scorse settimane.
Ma in questo modo, ancora una volta, ella contribuisce ad avvelenare il clima politico e a far pagare al Paese le contraddizioni che hanno caratterizzato la sua maggioranza durante tutta l'esperienza di Governo. Quelle contraddizioni che sono deflagrate con le dimissioni del ministro Mastella, rispetto al quale ella non è andato oltre una generica solidarietà umana ed un apprezzamento per la sua sensibilità istituzionale, perché non ha potuto far propria la più complessiva riflessione che il Guardasigilli aveva espresso sui rapporti fra politica e magistratura, poiché non glielo consentivano né l'Italia dei Valori, né i Comunisti italiani, né la Sinistra Democratica.
Contraddizioni che hanno segnato la politica economica del Governo, che non è stato capace di frenare la crescita della spesa pubblica, per le continue richieste che provenivano dall'ala di sinistra della sua maggioranza, che ha aggravato la pressione fiscale e non ha quindi consentito al Paese di sfruttare appieno una congiuntura internazionale favorevole, con il risultato che oggi ci troviamo in condizioni di particolare debolezza, di fronte all'aprirsi di una fase recessiva.
Contraddizioni di cui non ha mai voluto prendere atto, ostentando un ottimismo di maniera smentito dai fatti, come si evince rileggendo oggi, di fronte al dramma dei rifiuti della Campania, quanto ella ebbe a dichiarare in occasione delle dimissioni da commissario del dottor Bertolaso, allorché Palazzo Chigi comunicò che la Presidenza del Consiglio aveva avviato la fase di uscita dall'emergenza rifiuti in Campania.
Contraddizioni già evidenti all'indomani del voto del 9 aprile 2006, che aveva registrato una sostanziale parità dei due schieramenti. Un risultato che avrebbe richiesto un'intesa che superasse le asprezze che avevano contrassegnato la campagna elettorale, per dar vita ad un Governo di grande coalizione, capace di fronteggiare i problemi del Paese. La stessa scelta, cioè, che in Germania Schröder aveva avuto il coraggio di compiere, rompendo con la sinistra antagonista, ma che lei allora ha sdegnosamente respinto, con i risultati che oggi sono sotto gli occhi di tutti. Per questi motivi, il voto con cui il Senato si accinge a negare la fiducia al suo Governo è quasi una nemesi, perché archivierà l'esperienza di una coalizione il cui fallimento ha riconosciuto implicitamente anche l'onorevole Veltroni, quando ha dichiarato che, comunque, il Partito democratico si presenterà da solo alle elezioni. Un voto che consentirà di aprire una nuova stagione politica, di cui il Paese sente la necessità.
Roma, 24 gennaio 2008

IL CASO MALPENSA

Il 16 Gennaio scorso, convocati dal presidente della Provincia, si sono riuniti a Varese gli
“Stati Generali”, per discutere del caso Alitalia, protestare contro il Governo per le prospettive di ridimensionamento dell’aeroporto della Malpensa e difendere i diritti del nord.
Non si è trattato evidentemente degli “Stati Generali” che hanno preceduto la Rivoluzione Francese, ma di un’assemblea di rappresentanti della Regione Lombardia, delle province di Varese, Como e Novara, dei comuni del sedime aeroportuale, delle associazioni imprenditoriali e della Camera di Commercio, con la partecipazione del prefetto e del questore di Varese, del direttore della S.E.A.
( società di gestione degli aeroporti milanesi di Linate e Malpensa ), del rettore dell’Università dell’Insubria, ecc.
Quanto emerso dall’assemblea è oggettivamente allarmante.
Il previsto taglio di 793 voli conseguente alla vendita di Alitala ad Air France - KLM comporterà un conto salatissimo in termini di perdite economiche e di posti di lavoro.
Le associazioni industriale, dell’artigianato, del commercio e del mondo agricolo di Varese hanno valutato che il ridimensionamento di Malpensa compoterà nel giro di qualche anno una perdita di 15 milioni di prodotto interno lordo.
Il sindaco di Somma Lombardo prevede che il 20% delle famiglie del suo comune avranno problemi di occupazione.
Per evitare un impatto rovinoso, è stato chiesto al Governo una moratoria sulla riduzione dei voli conseguente al previsto abbandono di Alitalia.
Vengono intanto annunciate manifestazioni e presidi davanti all’“hub”, ma il fronte promotore non è per niente compatto perché si divide tra chi vorrebbe ampliare l’aeroporto con la costruzione della terza pista e chi invece si oppone all’ampliamento.
Come ha osservato il quotidiano varesino “ La Prealpina” in un fondo del 16 Gennaio scorso, la crociata in difesa di Malpesa giunge quando i buoi sono scappati e le lacrime che vengono versate sono lacrime di coccodrillo.
Infatti, l’aeroporto della Malpensa, osteggiato negli anni ’70 da sindaci ed ambientalisti - in particolare dall’allora sindaco di Somma Lombardo, il comune che oggi teme più di altri la perdita di posti di lavoro - è nato negli anni ’90 in assenza di un serio piano dei trasporti aerei e di coordinanento degli aeroporti lombardi, privo di sufficienti ed idonee infrastrutture di collegamento.
E’ bene ricordare che mentre si costruiva Malpensa si dava luogo al potenziamnento di Linate e che il personale di volo si rifiutava di andare a Malpensa quando poteva disporre dell’aeroporto di Linate, a due passi dal centro di Milano.
Era anche invalsa in quegli anni, contro ogni logica programmatica, la tendenza tutta democristiana a realizzare una fitta rete di piccoli aeroporti, in modo che i parlamentari potessero disporre dell’aeroporto sotto casa per recarsi a Roma.
Per quanta riguarda le infrastrutture, tuttora l’unica autostrada di accesso all’area aeroportuale di Malpensa, la Milano - Laghi, è un orribile collo di bottiglia, mentre la linea ferroviaria delle FNM
( ferrovie nord milano di proprietà regionale ), completata con molto ritardo, serve soltanto il centro di Milano - attraverso un lungo, costoso e tortuoso percorso - e taglia fuori un vasto bacino d’utenze che comprende ampie zone del varesotto, del comasco, del novarese e del Canton Ticino, utenze che avrebbero avuto più agevole accesso con un collegamento di soli 3 o 4 Km con la la stazione FS di Gallarate, importante nodo ferroviario di smistamento verso tre diverse direzioni: Varese, Luino, Domodossola.
Come non riconoscere che i guai dell’Alitalia discendono anche dalle insufficienze di Malpensa.
Oggi, una gestione graduale della fuga di Alitalia da Malpensa, diluendo cioè in alcuni anni la riduzione dei voli ed il conseguente ridimensionamento dei servizi aeroportuali, può essere certamente utile se contemporaneamente:
· si avvieranno approfondite procedure di “valutazione di impatto ambientale ( VIA )” e di “valutazione ambientale strategica ( VAS)” estesa a tutto il territorio coinvolto come da anni viene chiesto dai sindaci dei comuni interessati;
· si porrà mano ad un serio piano dei trasporti aerei, chiarendo definitivamente se in Italia si giustifica o meno la presenza di due “hub” aeroportuali ( Fiumicino e Malpensa );
· verrano finalmente realizzate le infrastrutture necessarie.
Occorrerà in particolare un piano di coordinamento degli aeroporti lombardi ( Linate, Malpensa, Orio al Serio) e per quanto riguarda le infrastrutture sarà necessario realizzare finalmente annosi progetti quali:
la costruzione della pedemontana che stabilirebbe il collegamento viario tra Bergamo, Como e Varese;
il raccordo tra l’autostrada Mi - To e la superstrada della Malpensa;
la chiusura dell’anello tra il terminale ferroviario di Malpensa e la stazione FS di Gallarate;
la riattivazione della ferrovia della Val Morea che ristabilirebbe il collegamento tra Mendrisio nel Canton Ticino e il basso varesotto lungo la valle dell’Olona, o in alternativa la costruzione di altra linea ferroviaria con la stessa funzione.
Per concludere, è opportuno rimarcare che coloro che adesso impugnano la bandiera in difesa dei diritti del nord e organizzano “stati generali” sono gli stessi che da anni governano la Regione, la Provincia di Varese, quasi tutti i comuni del sedime aeroportuale di Malpensa e gestiscono con la S.E.A. gli aeroporti milanesi con i pessimi risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
Aurelio Ciccocioppo
Gallarate, 24 gennaio 2008

martedì 8 gennaio 2008

COMUNICATO STAMPA

La neocostituita Sezione di Sondrio del Partito Repubblicano organizza, il prossimo 12 gennaio alla sala delle Acque del Bim a palazzo Guicciardi dalle 16.30, l’incontro pubblico dedicato al tema «Riforme istituzionali e costi della politica» che vedrà la partecipazione del senatore Antonio Del Pennino, rappresentante del P.R.I in Lombardia, in qualità di relatore per la profonda conoscenza dell’argomento e per il suo impegno nel sostenerlo in Senato.
Moderatori saranno Pierluigi Comerio, direttore del quotidiano «La Provincia di Sondrio» ed il professor Carlo Mola.
Il convegno è stato voluto dalla sezione sondriese del Partito Repubblicano per focalizzare l’attenzione della popolazione valtellinese su questa materia di estrema attualità in considerazione della difficile situazione politica ed economica che si sta profilando in Italia in questi ultimi mesi.


Il segretario provinciale
Comm. Adelino Tralli

venerdì 28 dicembre 2007

MOZIONE BIPARTISAN IN BASE AI PRINCIPI DELLA COSTITUZIONE


Su iniziativa del senatore repubblicano Antonio Del Pennino, quattordici senatori, sia del centro – destra sia del centro – sinistra, hanno presentato la seguente mozione relativa alla ricerca sulle cellule staminali, che si contrappone a quella presentata dalla senatrice Binetti.

Il Senato
premesso che:

- la libertà di ricerca scientifica è un principio costituzionalmente garantito determinante per lo sviluppo della conoscenza e il benessere delle persone;
- la ricerca scientifica sulle cellule staminali è unanimemente riconosciuta come settore fondamentale e prioritario per il futuro della medicina;
- i metodi per ottenere linee cellulari staminali sono diversi e la comunità scientifica italiana e internazionale è impegnata nelle diverse tecniche, alcune delle quali implicano l'utilizzo di embrioni ed altre no; le informazioni e i progressi ottenuti attraverso una particolare tecnica sono comunque importanti per chi lavora su tecniche diverse, e la scelta tra una tecnica ed un' altra è affidata – nell'ambito delle rispettive normative – a valutazioni di tipo scientifico;

impegna il Governo:

- a garantire che i fondi destinati dallo Stato italiano alla ricerca scientifica in generale, e a quelle sulle cellule staminali in particolare, siano assegnati attraverso criteri di massima trasparenza e pubblicità, con meccanismi di valutazione tra pari (peer review) che garantiscano la credibilità scientifica delle scelte effettuate, senza che siano pregiudizialmente determinate delle discriminazioni contro particolari tecniche di ricerca legali nel nostro Paese, siano esse tecniche di ricerca sulle cellule staminali cosidette "embrionali" (ottenute da linee cellulari importate dall'estero) o cosidette "somatiche" (o adulte);
- a mantenere il proprio sostegno alla soluzione di compromesso stabilita con l'approvazione del Settimo programma quadro dell'Unione europea, che prevede la finanziabilità di entrambi i principali filoni di ricerca sulle cellule staminali attraverso regole severe a garanzia dell'interesse generale e del carattere scientifico delle valutazioni.
Primo firmatario è il Sen. Antonio Del Pennino (PRI), le altre firme sono di Antonio Paravia (AN), Gavino Angius (Socialisti per la Costituente), Alfredo Biondi, Lino Jannuzzi, Ferruccio Saro, Egidio Sterpa, Giorgio Stracquadanio (Forza Italia), Enzo Bianco, Antonio Maccanico, Valerio Zanone (Partito Democratico), Natale D'Amico (Liberaldemocratici), Madga Negri (Gruppo per le autonomie).

mercoledì 12 dicembre 2007

Sveglia Italia…che la situazione non è buona

Queste settimane convulse e schizofreniche, che hanno caratterizzato il mondo della politica italiana, mi hanno portato a riflettere. Una riflessione, devo ammettere, a tratti sofferta ma tutto sommato utile per cercare di capire dal profondo le motivazioni del nostro impegno.
Reputo la mia analisi più figlia dello stomaco che della mente, anche perché cercare di trovare logica negli steps ai quali stiamo assistendo da parte di coloro che ritengono, indubitabilmente supportati dal consenso degli elettori, di governare non solo il nostro Paese, ma soprattutto due filosofie di società diverse e contrapposte, sia un esercizio intellettuale di difficile comprensione, e quindi è preferibile discuterne in termini di “digestione”.
Il Centro-Sinistra ha fallito su tutta la linea, anzi si è dimostrato peggio di quello che molti analisti avevano previsto. Prodi si è rivelato inadeguato al ruolo che la metà degli elettori ( poco più o poco meno ) gli aveva consegnato alle passate elezioni. La nascita del Partito Democratico, che in una democrazia matura e compiuta sarebbe stato salutato come un traguardo importante, si sta invece trasformando in una manovra verticistica ove ognuno dei partecipanti alla querelle sta cercando di riposizionarsi. Walter Veltroni con enfasi annunciò che il PD sarebbe stato un partito senza tessere, aperto ai cittadini per i cittadini. Non è vero! Prova ne sia il fatto che nonostante il romantico e teatrale scioglimento dei due partiti che costituiscono la cellula primaria dell’operazione - DS e Margherita - continuino tranquillamente la campagna per i tesseramenti ( per verificare le mie parole basta connettersi ai siti ufficiali http://www.democraticidisinistra.it/ e http://www.lamargherita.it/ ).
Non bastasse tutto questo assistiamo quotidianamente al patetico teatrino senatoriale che ci offre, non fosse per la gravità della situazione, uno spettacolo paradossale.
Una maggioranza divisa e litigiosa con due leader, uno con contratto a termine, Prodi, l’altro in pectore nominato da primarie farlocche dal risultato già scritto. Ultima, ma solo in termini di tempo, l’ufficiale dichiarazione niente meno che del Presidente della Camera Fausto Bertinotti ( terza carica dello Stato ndr ) il quale sancisce, se vogliamo con grande onestà intellettuale, la fine oggettiva dell’esperienza di questo Esecutivo.

Ma se Sparta piange, Atene non ride.

Infatti non è da meno complessa la condizione nel Centro-Destra.
Berlusconi in Piazza San Babila annuncia la nascita del Partito del Popolo ottenendo, da grande comunicatore quale è, il risultato voluto di offuscare la crescente campagna mediatica nei confronti del Partito Democratico. Ma a quale popolo Berlusconi si rivolge? Quello che crede in un movimento democratico e liberale capace di contrapporsi allo statalismo della sinistra? Quello che spera in un futuro meno oppresso dalle logiche di Palazzo? Oppure quello che, genericamente ed emotivamente cerca solo un alternativa a questo Centro-Sinistra senza distinguere le diverse realtà politiche che si muovono nell’area dell’opposizione?
Gli alleati del Centro-Destra, spiazzati dall’iniziativa estremamente efficace del leader della CdL, hanno reagito più in preda ad un’isteria irrazionale che non ad una riflessione politica. Il risultato? Gli elettori della Casa delle Libertà, confusi, assistono al tutti contro tutti.

Ora, personalmente, di quello che faranno gli altri partiti del Centro-Destra poco mi interessa, non per superficialità ma perché quello che mi tocca più sul vivo è quello che farà il Partito Repubblicano.
La Convention di Milano ha suscitato un grande interesse e soprattutto ha dato una vigorosa spinta emotiva a coloro che ancora sentono vivi i valori repubblicani, credono che gli strumenti, gli spazi per portare avanti le battaglie liberal-democratiche ci siano come ci sono sempre stati ed aderiscono con entusiasmo a tutto ciò che può servire per promuovere tali principi, ed encomiabile è l’atteggiamento della dirigenza nazionale che nonostante la generale situazione di caos, continua tenacemente a supportare ed incoraggiare tali occasioni d’incontro.

Restano aperte tante questioni, la legge elettorale, il referendum, la sostanziale impossibilità di fare previsioni, non dico a lungo, ma nemmeno a medio termine a causa del perenne e continuo mutamento del panorama politico, ma noi abbiamo l’obbligo morale, il dovere civile di essere protagonisti del cambiamento.
La diatriba sulla riforma della legge elettorale è di scarso interesse per tutti i cittadini che la mattina si recano a lavoro negli uffici, nelle fabbriche, nelle attività commerciali ed a loro dobbiamo dare risposte politiche. Non stanno svegli la notte perché non sanno se andranno a votare alla tedesca, alla francese o alla spagnola, restano svegli perché sono preoccupati per il mutuo della loro casa, la cui rata cresce in maniera esponenziale e non ne capiscono sino in fondo il motivo, non dormono perché non sanno prevedere il futuro di loro figlio che finita l’Università non sa se verrà recepito come risorsa per il Paese o come peso sociale in quanto disoccupato, sono desti perché neanche nelle loro abitazioni si sentono al sicuro.

Alcuni pensano che in questi frangenti meglio sia restare fermi ed attendere che la situazione diventi più chiara, meglio delineata. Io ritengo che, seppur con prudenza ed oculatezza, caratteristiche peculiari del nostro Partito, dobbiamo comunque essere pronti ad intercettare ed accogliere quella parte di elettorato che cercano un referente serio e defilato dalla “politica spettacolo”. Abbiamo tutti la voglia, la passione, la preparazione per essere protagonisti di questi tempi ed assumerci la responsabilità di partecipare attivamente al cambiamento.

Non resta che ricordarselo tutti i giorni e non rimane altro che lavorare perché questo si avveri.

Roberto Arosio
Segretario Esecutivo PRI
Lombardia

lunedì 10 dicembre 2007

Intervento del Senatore Antonio Del Pennino al convegno su “SICUREZZA E TERRITORIO” promosso dal Consigliere De Angelis presidente del Gruppo Misto di Palazzo Marino

Il tema della sicurezza e della lotta alla criminalità è da sempre problema per i governanti.

Ma si presenta con particolari caratteristiche nelle moderne società industriali.

Aggravato dal problema del fenomeno della globalizzazione e dalle grandi ondate migratorie.

Aggravato in quelle realtà che vedono confinanti società del benessere e realtà sottosviluppate.

Non è certo un problema solo italiano ed europeo. Basti pensare a quanto avviene alla frontiera tra USA e Messico.

L’Italia però è più esposta di altri. Per la vicinanza coi paesi africani del Mediterraneo e dei paesi europei che escono dall’esperienza comunista che aveva procurato condizioni di grave indigenza.

Ma esposte anche per la presenza e l'incidenza di grandi organizzazioni criminali, sempre alla ricerca di manovalanza, da arruolare e che trovano in molti disperati brodo di coltura.

Questo pone problemi alla politica e agli amministratori pubblici, stretti tra due opposte esigenze.

Quella di reprimere per garantire la sicurezza dei cittadini, e quella di non violare diritti elementari di libertà.

E il rischio è che il pendolo tra queste due opposte esigenze nelle sue oscillazioni non trovi il punto di equilibrio.
Che si ceda a tentazioni ultrarepressive, identificando emarginazione sociale e micro – criminalità senza cercare, proprio per estirpare la seconda, di affrontare la prima. O si indulga ad un “buonismo caritativo”, giustificando in nome della solidarietà al “povero” all’”emarginato” anche violazioni della legge, e delle normali regole di convivenza.

Una risposta politica seria deve cercare di prevenire, più che reprimere, ma non può sfuggire al dovere di interventi repressivi quando questi si rendono necessari per garantire i diritti del cittadino, rispetto a chi non li rispetta.

E’ un punto di equilibrio difficile da raggiungere, sia per i legislatori che per gli amministratori, entrambi sottoposti a contrastanti pressioni.

Ma è una ricerca, quella del punto di equilibrio che ci deve sempre ispirare.
E lo deve fare oggi con riferimento a due temi che abbiamo nell’agenda parlamentare.
Mi riferisco al decreto legge relativo all’allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza di cittadini comunitari, e al disegno di legge annunciato dal governo, anche se non ancora presentato alle Camere, relativo alle nuove attribuzioni ai Sindaci di funzioni di competenza statale e a una serie di disposizioni relative a reati contravvenzionali che violano il tessuto urbano.

Sul 1° punto:
si tratta di un decreto modificativo del decreto legislativo della direttiva 2004/38/CE.

Ora la direttiva 2004/38/CE è stata redatta al fine di tutelare il cittadino comunitario dalle eventuali restrizioni di Stati membri dell’Unione del suo diritto di libera di circolazione. Essa, quindi è orientata a proteggere chi si presume entri regolarmente in un altro Stato dell’ Unione,è cioè concentrata sull’ingresso di chi vuole stabilirsi per lavoro e protegge costui da un regime di facili allontanamenti.
La realtà deve invece tenere conto che esiste una fascia di cittadini provenienti da Paesi comunitari, che non hanno nessuna intenzione di farsi riconoscere, di rispettare la legge e di lavorare legalmente: persone che entrano nel territorio nazionale per porsi ai margini della vita sociale, e spesso delinquere dopo averlo già fatto nei Paesi d’origine.
La situazione di costoro, pur non essendo forse contemplata al momento dell’emanazione della direttiva, trovava, però, un condizionamento al comma 5 dell’art. 5 della stessa che prevede, a proposito del diritto d’ingresso: “Lo Stato membro può prescrivere all’interessato di dichiarare la propria presenza nel territorio nazionale entro un termine ragionevole e non discriminatorio. L’inosservanza di tale obbligo può comportare sanzioni proporzionate e non discriminatorie”.
Tale disposizione non è stata però recepita dal decreto legislativo 30/2007 che nulla prevede sulla dichiarazione d’ingresso e solo prescrive all’art. 9 l’obbligo, per i cittadini dell’Unione che intendono soggiornare in Italia per un periodo superiore a 3 mesi, di iscriversi all’anagrafe.
Ora è evidente che questa mancata attuazione nella nostra legislazione di un obbligo che la direttiva consente di prescrivere impedisce ogni effettiva verifica sulla data di ingresso del cittadino comunitario e conseguentemente della data ex quo lo stesso deve richiedere il permesso di soggiorno, favorendo la permanenza oltre i 3 mesi consentiti.
Né questa disposizione viene modificata dal decreto presentato dal governo 1/11/2007 che non fissa alcun termine inderogabile per il cittadino comunitario, una volta entrato, di dichiarare la sua presenza sul territorio nazionale.
Ecco un esempio in cui la carenza del legislatore nel fissare una norma in prevenzione, finirà poi col dover imporre il ricorso a misure repressive.

Il provvedimento di allontanamento di coloro che non hanno acquisito il diritto di soggiorno non è precluso dalla direttiva n. 38. La direttiva 38 vieta l’immediato allontanamento solo per coloro che, avendo già maturato il “diritto di soggiorno” – perché originariamente in possesso dei requisiti -, poi hanno perduto i requisiti medesimi; non riguarda invece chi, non avendo provveduto né a dichiarare la propria presenza né a iscriversi all’anagrafe, non può rivendicare il diritto di soggiorno.
Anche su questo punto il decreto legislativo 30/2007 appare più lassista della direttiva. Né a tal proposito innova il nuovo decreto legge del governo.
E’ evidente che se, rispetto a una direttiva europea garantista, il legislatore nazionale introduce una normativa che allarga le possibilità di permanenza sul territorio nazionale e riduce la possibilità di allontanamento questo suona come un richiamo alle presenze illegali nel nostro paese.
Ma vi è di più.
Il decreto legge presentato dal governo rappresenta la correzione di “un errore tecnico” – contenuto nel decreto legislativo 30/2007 – errore tecnico, come ha correttamente riconosciuto il Ministro Amato alla 1a Commissione del Senato il 25/9/2007, che ha in qualche modo ridotto al possibilità di espulsione di un “cittadino comunitario”.
Si tratta della mancata previsione di ricorrere all’espulsione con l’accompagnamento alla frontiera per quei cittadini per cui esistono, secondo i termini della direttiva, motivi imperativi di Pubblica Sicurezza.
E’ una questione annosa, che si pose già in occasione del decreto Martelli del ‘90 sugli extracomunitari. Quello dei limiti alle espulsioni con accompagnamento alla frontiera.
E l’esperienza indica che l’espulsione attraverso intimazione senza accompagnamento alla frontiera resta una grida manzoniana.
E anche nella vigenza del decreto 181/2007 che lo ha introdotto per i cittadini comunitari come caso straordinario i dati ci dicono che su 177 provvedimenti di espulsione decisi dopo l’entrata in vigore del decreto, secondo dati del Ministero degli Interni, solo 78 sono stati eseguiti per motivi imperativi.

Alcuni brevi cenni ora sul disegno di legge che dovrebbe consentire a livello locale maggiori possibilità di intervento per la sicurezza della città.
Si tratta del provvedimento richiesto tra agosto e settembre a gran voce soprattutto da sindaci del centro – sinistra (Domenici, Cofferati, Chiamparino).
Il disegno di legge governativo – ammesso che rimanga quello – ragione per cui il giudizio è provvisorio – prevede tre misure utili: maggiori sanzioni per l’impiego dei minori nell’accattonaggio, consente l’accesso della polizia municipale alla banca dati della polizia statale, contiene nuove norme per la pubblicazione del provvedimento nella casa comunale in sostituzione delle notificazioni per quanto riguarda le contestazioni delle violazioni amministrative.
Ma mantiene come perseguibili solo a querela di parte i reati di danneggiamento, deturpamento e imbrattamento di cose altrui , occupazione di suolo pubblico e generica rimane, in quest’ultimo caso, la previsione che i sindaci possano ordinare l’immediato ripristino dello stato dei luoghi a spese degli occupanti.
Più incisiva invece la disposizione che prevede, se si tratta di occupazione a fini di commercio la chiusura dell’esercizio.
Ma quella che appare ancora vaga e non incidente è la nuova formulazione dell’art. 54 del TUEL sulle competenze dei Sindaci, che affida loro generici compiti relativi alla” vigilanza per quanto possa interessare la sicurezza e l’ordine pubblico, informandone il prefetto” e quello di “assicurare la cooperazione della Polizia Locale con le forze di polizia statale, secondo forme che saranno disciplinate con apposito regolamento del Ministero dell’Interno”, che chissà quando verrà.
Anche qui quindi, per tornare a quanto dicevo all’inizio, siamo in presenza di norme che non garantiscono la prevenzione e si riducono a contemplare interventi repressivi di dubbia efficacia.
E’ necessario invece uno sforzo di tutta la politica per vincere l’illusione di poter convivere con le baraccopoli, gestendo in modo indolore l’immigrazione irregolare.
E su questo terreno sono chiamate in prima fila le responsabilità delle amministrazioni locali.
Ma è anche necessario uno sforzo proprio nella logica della prevenzione, per evitare – uso io, laico non sospetto di debolezze verso Oltretevere - le parole del Cardinal Martini: “per evitare, cioè, uno scontro di civiltà, ma dimostrare che noi cresciamo e maturiamo proprio nel confronto col diverso”.