venerdì 28 settembre 2007

DEL PENNINO:URGENTE MODIFICARE LA LEGGE 40 SULLA PROCREAZIONE ASSISTITA


Il senatore Del Pennino ha replicato a Monsignor Betori: "Con tutto il rispetto per monsignor Betori vorrei preliminarmente osservare che la Corte costituzionale non si era mai pronunciata sulla legittimità costituzionale della norma contenuta nella legge 40 che vieta la ricerca clinica sugli embrioni, ma si era limitata a dichiarare inammissibile il ricorso per motivi procedurali. Conseguentemente il tribunale di Cagliari non poteva essere vincolato da una pronuncia del giudice delle leggi. Essendo stato affermato dalle linee guida che la donna non può essere costretta ad un impianto coatto, è evidente che non si può imporre il trasferimento in utero dell'embrione malato. Oltretutto per la diversa previsione esistente qualora si procedesse all'impianto dell'embrione malato sarebbe sempre possibile il ricorso all'aborto. Ciò evidenzia l'assurdità di questa norma contenuta nella legge 40 al pari di molte altre previsioni della stessa legge e rende urgente un intervento correttivo del Parlamento. Voglio in proposito ricordare che da oltre sei mesi ho depositato in Senato un disegno di legge di modifica della legge 40 con altri sei colleghi della Cdl e si rende quindi urgente un esame dello stesso insieme ad analoghi provvedimenti proposti da altre parti politiche. In questo senso chiederò al presidente Marino di porre al più presto all'ordine del giorno della Commissione i disegni di legge di revisione della 40".

PERCHE' VA VERSO IL NAUFRAGIO LA RIFORMA DEL MINISTRO LANZILLOTTA

La crisi dei servizi pubblici

di Antonio Del Pennino


La prossima settimana l'aula del Senato affronterà il disegno di legge presentato dal Ministro Lanzillotta sul riordino dei servizi pubblici locali. Avevamo salutato favorevolmente l'iniziativa del Ministro in quanto ci sembrava introdurre criteri di liberalizzazione e di sviluppo della concorrenza, in settori in cui il regime di monopolio pubblico ha causato inefficienze, sprechi ed alte tariffe.
Le modifiche introdotte in Commissione al Senato, su richiesta dell'ala "antagonista" dell'attuale maggioranza (ma in proposito va rilevato anche il carattere antiliberalizzazioni degli emendamenti proposti dalla Lega) hanno però snaturato il testo, ponendo sostanzialmente sullo stesso piano la scelta del gestore dei servizi locali mediante procedure competitive ad evidenza pubblica e la possibilità di gestione diretta da parte degli enti locali
Rinunciando a una scelta e rinviando la decisione agli amministratori locali, non si compie un atto di rispetto della loro autonomia, dato che la Costituzione affida alla potestà legislativa esclusiva dello Stato la materia della tutela della concorrenza. Si scarica piuttosto su di loro la responsabilità di decisioni che saranno inevitabilmente influenzate da preoccupazioni di potere e da pressioni clientelari.
Il testo della Commissione vanifica la logica originaria del disegno di legge, riaprendo la strada alla gestione "affidata" a società emanazioni del potere politico sia pubbliche, sia miste, senza passare da alcuna gara.
Nel caso delle società miste, poi, la norma che prevede l'affidamento diretto va contro il diritto comunitario e le pronunce della Corte di Giustizia, che hanno precisato che la presenza di un socio privato esclude che il servizio possa essere affidato senza procedure competitive.
In realtà la gara per la scelta del socio per la società mista alla quale poi affidare il servizio rischia di essere una finzione e di aprire la strada a pericolose commistioni tra interessi pubblici e privati. Con la conseguenza di confondere il ruolo dell'ente locale, socio del privato nella produzione del servizio, con quello di controllore dello stesso.
Un'altra considerazione merita la previsione che nei bandi di gara vengano inserite clausole di preferenza in favore delle imprese che assicurino il mantenimento dei livelli occupazionali preesistenti.
Questa previsione introduce un vincolo destinato a pesare negativamente sulla produttività delle imprese e a scoraggiare la partecipazione alle gare dei soggetti più attenti alle esigenze di una gestione economica.
La previsione è altresì destinata ad aggravare il carattere duale dell'economia del nostro Paese.
E' noto infatti che i maggiori esuberi di personale e la minore produttività caratterizzano le aziende del Mezzogiorno rispetto a quelle del Nord. Ora il vincolo di mantenere i livelli occupazionali preesistenti renderà meno appetibili al mercato le aziende meridionali, che saranno quindi destinate a continuare la loro attività come aziende speciali o società a partecipazione interamente pubblica, con conseguente minore possibilità di sviluppo rispetto alle aziende del Nord che potranno essere più interessanti nelle procedure competitive ad evidenza pubblica e conoscere conseguentemente processi innovativi.
A queste considerazioni, vanno aggiunte quelle relative ai limiti che già incontrava l'originale disegno di legge che escludeva dal ricorso alle procedure competitive la gestione dei servizi idrici.
Sul punto si è fatto volutamente confusione ipotizzando che una scelta diversa avrebbe comportato anche la proprietà privata delle risorse idriche.
E' un equivoco che va dissipato.
Una cosa è la proprietà delle risorse idriche, che sono e devono rimanere patrimonio pubblico, altro è il problema della loro gestione.
Secondo quanto rilevato dall'Autorità di Vigilanza sulle risorse idriche, rispetto a quella immessa nella rete, il 42% dell'acqua va oggi perduto per colpa dell'inefficienza degli acquedotti italiani e delle loro tubature obsolete.
Difendere gli attuali sistemi di gestione pubblica è solo demagogia, destinata ad aggravare il problema, anche recentemente emerso, dell'insufficienza delle risorse.
La riforma Lanzillotta, concepita secondo i migliori intenti, sta miseramente naufragando. E ciò, mentre è sempre più chiaro che per migliorare la competitività del nostro sistema economico è necessario ridurre l'intervento pubblico e rivitalizzare le logiche di mercato, proprio partendo dai servizi locali che sono parte rilevante dell'intervento pubblico.
Roma, 26 settembre 2007

lunedì 17 settembre 2007

DEL PENNINO SUL FINANZIAMENTO DEI PARTITI

" Il mio disegno di legge mira a diminuire sensibilmente i rimborsi elettorali a carico dello Stato (da 5 a 1,5 euro per voto ricevuto), incentivando le erogazioni liberali sul modello americano".
Così Antonio Del Pennino, senatore che fa parte del gruppo Dc-Pri-Mpa, ma che rappresenta il Pri, ribatte all'articolo sul finanziamnto pubblico ai partiti pubblicato sul numero 37 di Economy.
" Nell'articolo si afferma che nel disegno di legge che ho presentato ho chiesto che i cittadini destinino l'8 per mille della propria dichiarazione dei redditi. Non si precisa però che questa erogazione è sostitutiva e non aggiuntiva rispetto all'attuale finanziamento. Col sistema da me proposto l'onere per lo Stato (200 milioni di euro) verrebbe sostanzialmente dimezzato".

Economy, 19 settembre 2007

SCHIAFFO AL NORD: I RESPONSABILI NON SONO SOLO A ROMA

L'abbandono di Malpensa/Una mossa pensata in realtà come estremo aiuto per Alitalia
di Alessandro Papini

Alitalia ha scelto di puntare su Fiumicino e abbandonare Malpensa. Nonostante dati e cifre dimostrino l'irrazionalità economica della decisione, nonostante il Nord generi circa due terzi del traffico aereo nazionale, nonostante Malpensa vanti costanti record europei di puntualità (mentre a Roma giacciono ancora migliaia di valige estive), il segreto di Pulcinella – per dirla alla Gabrio Casati del "Riformista" – è stato finalmente svelato: la gloriosa e tracollante compagnia di bandiera nazionale non può sostenere due hub. E, in vista della prossima (s)vendita, invece di seguire logiche e dinamiche di mercato preferisce un'ennesima azione tutelativa a favore dei tutelati di sempre. E' lo specchio - riflesso di un paese (dei governi e delle aziende pubbliche che esprime) bloccato, ipertrofico e ancorato a certezze superate dalla storia, incapace di intervenire in qualsiasi settore della società italiana che presenti rischi di ritorsione corporativa o anche solo impopolarità sociale. Storia già vista e vissuta, sempre a costo sociale zero (cfr. riforma mercato del lavoro, riforma universitaria, riforma delle pensioni, ecc.).
Per carità, l'insostenibilità del doppio hub era risaputa e ben nota da anni a chiunque prestasse un minimo di civica attenzione alle cose della politica italiana e di quel suo misero e precario equilibrio di potere quotidiano che ne caratterizza la "visione strategica" di lungo periodo. Lo si sapeva almeno dal 2000, quando saltò l'accordo con KLM unica compagnia tra le europee che avrebbe potuto avere interesse a sviluppare l'aeroporto varesino. E grazie ad un'inchiesta di "Panorama", venne addirittura messo nero su bianco nel 2006, allorché Maurizio Basile, Amministratore Delegato di ADR (società di gestione di Fiumicino e Ciampino), predispose - per il Governo - un piano di rilancio di Alitalia che prevedeva, guarda caso, il riposizionamento di Alitalia su Fiumicino, "concentrando sullo scalo romano tutti i voli intercontinentali che la compagnia è in grado di operare, individuando al contempo per Malpensa un altro operatore in una logica point to point".
Insomma, un ennesimo schiaffone al Nord, cioè a quella parte del paese che più produce e più paga in termine di "solidarietà nazionale" (qui cominciano a chiamarla "spoliazione nazionale"), che però questa volta trova nelle sue istituzioni rappresentative, soprattutto lombarde, colpevoli mancanze. Già, perché la tardiva e ridicola conferenza stampa del triumvirato milanese Moratti, Penati, Formigoni a poche ore dal CdA Alitalia riflette l'inconsistenza politica di un territorio che si sta in questi giorni giocando, contro Smirne, l'assai rilevante partita dell'Expo 2015, di cui Malpensa è, evidentemente, infrastruttura fondamentale.
E se il fallimento di Malpensa è certamente il fallimento di Regione Lombardia, unica istituzione che in questi anni ha lanciato gridi di allarme ma alla prova dei fatti non ha mai saputo (alcuni sostengono voluto - per timore di perdere quote d'influenza) mettere il naso nella gestione di Linate, Orio al Serio e Montichiari, tuttavia primo imputato per la vicenda non può che essere il Comune di Milano, azionista di maggioranza di SEA (società di gestione degli aeroporti di Malpensa e Linate) e attraverso questa al 49,98% SACBO, società di gestione dell'aeroporto di Orio al Serio. Un silenzio spaventoso, quello dell'istituzione milanese e dei suoi sindaci (Albertini prima e Moratti poi), rotto solo dalla frettolosa conferenza stampa di settimana scorsa. Nonostante le grida e le minacce del triumvirato lombardo, le redditizie tratte del Milano-Roma non potranno essere toccate. E il destino di Malpensa (salvo miracoli dell'ultim'ora) è segnato e punta dritto ad un rapido ridimensionamento. Qualcuno sostiene – a destra e a sinistra - che non esista una questione settentrionale. Ne riparleremo quando i cittadini lombardi, tra qualche mese, per viaggiare con Alitalia dovranno passare per Roma e poi ripercorrere la stessa tratta al contrario verso le destinazioni dell'estremo oriente o del nord america. Allora forse il finto sciopero fiscale leghista si trasformerà in qualcosa di più concreto. La corda pare già, infatti, molto tesa. E sarebbe bene che a Roma (ma anche a Milano) qualcuno cominci a rendersene conto, poiché in gioco non ci sono noccioline, ma l'unità nazionale

giovedì 13 settembre 2007

REDDE RATIONEM

Tra modus operandi e modus vivendi
di Francesco Nucara

Chi non ricorda Eduardo De Filippo ed il suo "Gli esami non finiscono mai"?
Nella vita politica come nella vita in generale, c'è sempre un momento in cui si deve rendere conto del proprio operato. E può essere il redde rationem di un giorno, di un anno, o anche di un'intera vita. Spesso, può diventare difficile sapere a chi chiederlo o meglio da chi dobbiamo pretenderlo, perché la corresponsabilità può portare dritto, quando le cose non vanno bene, all'arrogarsi il diritto di scaricare le proprie responsabilità.
Ma siccome, appunto, gli esami non finiscono mai, siamo costretti, ognuno per la propria parte a reddere continuamente rationem: il coniuge all'altro coniuge, il contribuente al fisco, il deputato ai suoi elettori, il ministro ai cittadini, il leader politico ai suoi sostenitori.
Il nostro, è un paese governato con il metodo dell'alternanza - alternanza finta e malata alla radice - da rappresentanti di centro-destra o di centro-sinistra che continuano sistematicamente a non reddere rationem.
I governi si alternano, ma lo sviluppo non si avvia, perché è sempre colpa di chi li ha preceduti che ha lasciato i conti in dissesto senza reddere rationem .
Ma quando metteremo punto ed a capo?
Siamo vicini ad una "Babele" politica che impedisce una corretta e responsabile comunicazione, mirata ad una intesa civile e progredita, capace finalmente di far luce su chi ha fatto cosa e soprattutto perché.
Tutto ciò riguarda comunque il complesso delle attività umane, ma a noi, oggi ed ora, interessa il modo di essere uomini e politici. E nessuno può negare che le cose debbano essere strettamente connesse.
Non si può essere uomini corretti e cattivi politici. Le due cose non sono alternative.
Più semplicemente, se non si ha voglia o capacità, non si fa esercizio di politica.
Sono gli stessi motivi per cui un politico ambiguo e sleale non può essere un uomo corretto.
E' ancora peggio quando un uomo (e) "politico" inteso come unica entità, approfitta della fiducia talvolta incondizionata, che viene riposta nella sua persona.
Non crediamo di essere ingenui quando affermiamo che agire sospinti dalla forza dei sentimenti (amicizia, passione politica ecc.) non sia mai un errore.
E allora, quando si pensa di non voler dare o di non saper dare conto agli altri, si deve rendere conto - questo sicuro - alla propria coscienza.
Dobbiamo reddere qualcosa a qualcuno?
Pensiamo proprio di si.
Quando il non farlo diventa modus operandi e, anche peggio, vivendi, il senso letterale del reddere, quello obbligatoriamente etico del consegnare il conto, del darne soprattutto ragione, perde, per autentico malcostume, urgenza e motivazione.
E allora ci può, forse, venire in soccorso la filologia latina, che avvicina, nella grammatica storica della lingua, il verbo reddere al verbo redìre il quale suggerisce una salvifica manovra di, caso mai, reductio ad rationem.
Quante di queste manovre dovrebbero essere messe in atto e, soprattutto, quanti sensi di direzione dovrebbero essere invertiti, per poter arrivare ad una opportuna univoca chiarezza?
L'obbligo morale della "riconsegna" dovrebbe essere patrimonio di tutti, di chi ha avuto poco (ma di questo poco sarà sempre riconoscente) e di chi per caso o per fortuna, ha avuto molto e questo molto ha sprecato.
Pensiamo a governi con maggioranza ampia che non hanno però saputo gestire per riformare lo Stato. Ma pensiamo anche ad altro e ad altri.
Allora ci sembra giusto, più che opportuno, parlare di reddere, ma decidiamo finalmente di reddere jus, quella giustizia che sta sempre più nascosta alla nostra vista.
Una vista che a seconda delle circostanze può essere quella di un miope, capace di vedere da vicino ma non da lontano o quella di un presbite, che intercetta le cose lontane ma non "legge" le cose vicine. Ci vuole un oculista per aiutarci a correggere questi difetti. Ce l'abbiamo già: è il nostro partito.
Roma, 6 settembre 2007

E' NECESSARIO CONTINUARE A INVESTIRE SULLA "NOTTE BIANCA"

il Cittadino di Lodi
mercoledì 5 setembre

Quando oltre 3 anni fa, lanciammo per primi, dalle pagine del Cittadino, l'idea di tenere una "Notte Bianca a Codogno, nessuno pensava che la si potese realmente realizzare.
Il grande successo della manifestazione conferma la forte vitalità della nostra città, evidenzia la capacità dell'amministrazione di aver saputo interpretare le esigenze di socialità dei nostri concittadini e soprattutto, la fattiva collaborazione con commercianti e gestori di locali, ha permesso di presentare al territorio una serata indimenticabile.
Erano decenni che a Codogno non si vedeva un affluenza di persone così ingente.
Giovani e anziani, famiglie con bambini provenienti da ogni parte della provincia hanno assaporato il piacere di stare insieme, divertirsi senza eccessi, godendosi spettacoli di qualità fino a tarda ora. Finita la festa e dopo i doverosi consuntivi, riteniamo che già dalle prossime settimane, si debbano iniziare a porre le basi per l'edizione 2008, pensare a come consolidare e rafforzare la programmazione di spettacoli, la presenza delle società sportive e la promozione al di fuori del territorio provinciale.
questa iniziativa, assieme alla Fiera autunale ed al premio Novello, sono le manifestazioni culturali che caratterizzano, ognuno a suo modo, la promozione della nostra città.
E' necessario crederci e continuare ad investire su queste iniziative, chiedendo con forza il contributo economico degli organismi superiori in primis Provincia, regione e banche territoriali, che hanno tuto l'interesse ad esere sponsor di iniziative qualitative, storiche ed internazionali.
Paolo Cipriani
Segretario Cittadino Partito Repubblicano Italiano

SI CREANO PARTITI USA E GETTA

il Cittadino di Lodi
mercoledì 29 agosto 2007

In questa nostra società italina che, purtroppo ha perso di vista i riferimenti su cui è fondata, e brucia tutto velocemente ed è sempre alla ricerca del nuovo a tutti i costi, anche la politica si adegua: così, dopo il gelato e la pizza abbiamo anche i partiti da asporto.
In questo periodo nascono o si apprestano a nascere nuovi partiti.
Non importa in che modo e non importa le qualità che esprimono, l'importante è che siano nuovi.
Il fatto che la qualità dei partiti determini la qualità della vita democratica è considerata una variabile del tutto trascurabile.
Un nuovo partito nasce o dovrebbe nascere, qualora esistessero ideali o interessi generali che non potessero più essere rappresentati nei partiti esistenti; no mi sembra il caso italiano, sia per varietà che per numero.
Vale la pena ricordare che la nostra democrazia è "rappresentativa" degli elettori e dei loro interessi. Il fatto stesso che un partito possa essere creato per volontà di un uomo (Partito dele Libertà) o di una o più oligarchie (Partito Democratico), significa che siamo in presenza di un partito personale o di un partito assemblato meccanicamente.
I partiti rappresentativi sono formazioni storiche da governare e riformare con grande cautela ed attaverso percorsi assemblari e congresuali, cioè rapresentativi, da tenersi prima, non dopo la creazione.
Da questa riflessione si ricava l'imagine di partiti usa e getta, dei partiti da società consumistica senza valori.
Cosa che però non avviene nelle democrazie a noi vicine e sempre citate.
Mi chiedo ad esempio quanti nuovi partiti sono nati dala fine della guerra ad oggi in Inghiltera, in Germania, in Francia, in Spagna, negli Usa o nei paesi nordici?
Forse non c'è bisogno di nuovi partiti ma di un nuovo (nemmeno troppo) modo di interpretare la politica, la rappresentatività e la partecipazione; tornare a pensare alla politica con più spirito di servizio a favore dei cittadini, distogliendo il pensiero da prebende o rendite di posizione e cercando di selezionare ala fonte coloro i quai si avvicinano ai partiti con il solo fine utilitaristico personale.
Paolo Cipriani
Coordinatore Provinciale Pri Lodigiano

UN SOGNO REPUBBLICANO

Ideali e idee per realizzarli
di Francesco Nucara



Ho fatto un sogno, un sogno lungo, lunghissimo che ha impegnato la mia esistenza.
Ho sognato talvolta dormendo, tal'altra ad occhi aperti e tal'altra ancora pensando a progetti che mi aiutassero nel lavoro quotidiano professionale e politico.
Non ho mai avuto incubi nella mia ultra - quarantennale attività politica.
Ho trovato conforto nella condivisione di questi sogni da parte di tanti repubblicani e mi è, altresì, capitato di dover affrontare talvolta le loro legittime contestazioni. Ho sempre tenuto in grande considerazione l'opposizione all'interno del piccolo Partito Repubblicano, ma con tanti amici ho vissuto battaglie politiche accomunati dal nostro essere repubblicani.
Apparteniamo ad una classe politica che ha abiurato alle ideologie fin dalla sua nascita, avendo come denominatore comune gli ideali e come pratica quotidiana le idee per realizzare un progetto che ci ha sempre visti uniti: avere un'Italia più civile, una giustizia sociale adeguata, realizzare l'applicazione di un sistema meritocratico che affermi e premi il lavoro come elemento di distinzione dall'apatia e dalla massificazione dell'individuo; un'Italia che deve finalmente pensare a produrre ricchezza per distribuirla equamente in alternativa a un'Italia che distribuisce povertà.
Io non so distinguere i repubblicani di sinistra da quelli di destra, probabilmente perché sono convinto che il termine "repubblicani" contenga in sé un'unica, completa e imprescindibile aggettivazione.
Certo poi le qualità e i difetti umani, che tutti ci portiamo dietro, a seconda della nostra storia personale, possono distinguere, com'è giusto che sia, un repubblicano dall'altro: e tuttavia questo ha poco peso o nessun peso nell'attività politica.
L'unico nostro obiettivo deve essere solo ed unicamente la crescita del partito. Le ambizioni personali, anche quando trovano sbocchi positivi, sono effimere e durano lo spazio d'un mattino.
Tutti noi sappiamo che senza la base non esistono la piramide e il suo vertice.
E ai tanti repubblicani sparsi per l'Italia mi rivolgo con un accorato appello: il PRI ha le condizioni per un rilancio, senza illusioni ma con moderato ottimismo. I catastrofismi intermittenti sono deleteri come lo sarebbe un ottimismo irrazionale.
Ci aspetta un autunno molto impegnativo, ma sono certo che sapremo adempiere tutti insieme ai nostri doveri di repubblicani e, se fra i tanti, qualcuno farà la fronda, pazienza, prima o poi si renderà conto di aver sbagliato.
Buone vacanze a tutti, proprio a tutti.
Roma, 3 agosto 2007