lunedì 10 dicembre 2007

INTERVENTI DEL SENATORE ANTONIO DEL PENNINO SULLA LEGGE FINANZIARIA 2008

Signor Presidente, l'emendamento 1.2 si colloca nella logica di quanto ho avuto modo di affermare ieri in sede di discussione generale, quella cioè di cercare di rovesciare la tendenza che ci sembra propria di questo Governo del tassa e spendi, fissando, quindi, un paletto preciso rispetto alla ipotesi che si verifichino entrate maggiori di quelle che sono state preventivate dal Governo, affinché queste non vengano disperse in mille rivoli, in mance e in spese minori ma vengano invece utilizzate per ridurre innanzitutto il deficit e successivamente la pressione fiscale.
Abbiamo preso per buona la cifra indicata dal Governo nell'allegato 8 alla finanziaria che aveva presentato, cioè 426.708 milioni al netto delle regolazioni contabili e debitorie; cifra che troviamo poi confermata anche nelle tabelle allegate al testo licenziato dalla Commissione.
Conseguentemente, partendo da questo dato, affermiamo che le maggiori entrate tributarie che si realizzassero nello stesso esercizio vanno prioritariamente destinate a realizzare gli obiettivi di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni e sui saldi di finanza pubblica definiti dal DPEF (ed in questo non modifichiamo la previsione contenuta nel testo della Commissione). In caso in cui le maggiori entrate siano eccedenti rispetto a tali obiettivi prevediamo invece una destinazione diversa da quella decisa dalla Commissione e cioè che debba essere istituito un apposito fondo, denominato fondo per il giusto indennizzo fiscale, da destinare, con successivi provvedimenti, esclusivamente al taglio lineare dell'IRPEF e dell'IRES, non ad una riduzione selezionata come quella che prevede la Commissione.
Questo ci sembra rispondere ad una logica, secondo noi, fondamentale, quella di indicare una volontà precisa da parte del Parlamento di ridurre la pressione fiscale qualora dovessero giungere ulteriori entrate, dopo che queste sono state destinate alla riduzione del disavanzo, e porre, ripeto, un paletto al tentativo di spendere questi quattrini in modo indiscriminato. Questa è la logica del mio emendamento che raccomando al voto dell'Assemblea.
MERCOLEDI' 7 NOVEMBRE 2007 seduta antimeridiana

Signor Presidente, intervengo a titolo personale per preannunciare il voto favorevole sull'emendamento 2.800, rispetto ad una situazione che ha sollevato da parte del Commissario europeo - come è stato poc'anzi ricordato - una richiesta di chiarimento.
Per quanto riguarda l'affermazione contenuta nella dichiarazione del senatore D'Onofrio, che faceva scandalo del fatto che si fa riferimento anche ad attività non aventi fini di lucro, credo si debba sottolineare che molto spesso si dichiara di non avere fini di lucro mentre poi in concreto le finalità di lucro vengano perseguite con queste attività.

MERCOLEDI' 7 NOVEMBRE 2007 seduta pomeridiana

Signor Presidente, su un punto condivido il giudizio del collega Fluttero. Siamo in presenza di una formulazione dell'articolo 13 che non risolve il problema delle comunità montane, ma potremmo dire, con un gioco di parole, che in questo caso la montagna ha partorito il topolino. Tuttavia, il problema esiste e ci conviene probabilmente affrontarlo in questa sede, senza attendere il cosiddetto codice delle autonomie, i cui tempi di discussione e di esame da parte di questo ramo del Parlamento sono certamente destinati a prolungarsi notevolmente.
Con l'emendamento 13.6, interamente sostitutivo dell'articolo 13, propongo la soppressione degli articoli 27, 28 e 29 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali: in poche parole, la soppressionetout court delle comunità montane e non una soppressione a spizzichi, come quella prevista dall'articolo 13 proposto dal Governo.
Vorrei dare ragione di questa scelta: quando furono istituite le comunità montane, nel 1971, erano tempi di ristrettissime deleghe alle Province ed era anche una fase storica il cui il problema dell'abolizione delle Province era all'ordine del giorno. Negli anni successivi si è attuata una modifica nell'equilibrio delle competenze dei poteri locali: alle Province sono stati affidati compiti in materia di difesa del suolo, deforestazione, parchi, riserve naturali con funzioni che riassorbono quelle assegnate alle comunità montane. La sopravvivenza delle comunità montane, quindi, se non abbiamo il coraggio di affrontare il tema della revisione costituzionale e dell'abolizione delle Provincia, non ha più significato. È un costo aggiuntivo e una complicazione del nostro sistema di autonomie locali.
Vorrei portare all'attenzione dei colleghi alcuni dati a sostegno della mia richiesta di sopprimere gli articoli 27, 28 e 29 del testo unico degli enti locali. Oggi siamo in presenza di 356 comunità montane, la cui superficie è di 16 milioni di ettari, a fronte di superfici montane del Paese di soli 10 milioni di ettari.
Le comunità montane hanno spese correnti per 852 milioni e 131.000 euro a fronte di spese dichiarate in conto capitale di 1 miliardo e 167 milioni di euro. Ma 111 milioni e 615 euro, indicati come spese in conto capitale, sono destinati all'amministrazione generale, alla gestione e al controllo. Se poi guardiamo alle tabelle relative alle spese per investimenti divise per interventi si accerta che per l'acquisizione di beni immobili sono stati spesi 353 milioni e 665.000 euro su un totale di 862 milioni e 246.000 euro. Quindi, non siamo in presenza di spese di investimento ma di rilevanti spese per acquisizione di immobili o spese correnti.
Se pensiamo che hanno 7.500 dipendenti, il 15 per cento di quelli delle Province, e che le spese per gli emolumenti dei presidenti delle comunità montane ammontano a 13 milioni e 680.000 euro, mentre non abbiamo i dati per i gettoni dei consiglieri, ci rendiamo conto come questo rappresenti un costo della politica reale che non risponde più a funzioni che debbono essere svolte, potendo essere espletate benissimo dai singoli Comuni, dall'Unione dei Comuni o dalle Province.
Quindi, la richiesta di soppressione delle comunità montane sostituendo all'articolo 13 del testo del Governo la proposta di abolizione degli articoli 27, 28 e 29 del testo unico degli enti locali mi sembra meritevole del consenso dell'Aula.

VENERDI' 9 NOVEMBRE 2007 seduta antimeridiana

Signor Presidente, come avevo già accennato nel corso della seduta antimeridiana, questo è un emendamento aggiuntivo e non sostitutivo del comma 1 dell'articolo 14. Se lei intende metterlo in votazione adesso, procederei con la dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Riguardando il comma 1, è stato inserito qui.

DEL PENNINO (DCA-PRI-MPA). Signor Presidente, vorrei allora richiamare l'attenzione dei colleghi, in particolare dei senatori Salvi e Villone, su questo emendamento che propone di limitare i consigli di circoscrizione ai Comuni con più di 300.000 abitanti. Stante la legislazione vigente, siamo in presenza di una situazione in cui i Comuni con più di 30.000 abitanti possono istituire consigli di circoscrizione ed infatti abbiamo 790 consigli di circoscrizione, con 12.541 consiglieri, e dei casi clamorosi.
Cito alcuni di questi casi clamorosi: Novara, con 100.000 abitanti, 13 circoscrizioni e 249 consiglieri (1 ogni 400 abitanti); Guidonia, con 68.000 abitanti, 9 circoscrizioni e 144 consiglieri (1 ogni 450 abitanti); Gorizia, con 35.000 abitanti, 10 circoscrizioni, 132 consiglieri (1 ogni 260 abitanti). Se non rappresenta uno spreco ed un costo inutile della politica questo fatto, non so quali altri possono essere individuati.
Ecco perché propongo di modificare l'articolo del testo unico degli enti locali relativo ai consigli di circoscrizione e di limitarne la possibilità di istituzione solo nei Comuni con più di 300.000 abitanti. D'altro canto questo corrisponde pure alla logica in cui furono istituiti i consigli di circoscrizione, che rispondevano all'esigenza di articolare forme di decentramento nei grandi Comuni, nelle aree metropolitane, nei Comuni capoluogo di Regione; poi abbiamo esteso tale possibilità in modo indiscriminato con i risultati che ho poc'anzi ricordato.
Ecco perché insisto per l'approvazione di questo emendamento, che certamente può rappresentare un contributo non marginale alla riduzione dei costi della politica. (Applausi dal Gruppo UDC e del senatore Firrarello).
PRESIDENTE. Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 14.5, presentato dal senatore Del Pennino.
Dichiaro aperta la votazione.
VENERDI' 9 NOVEMBRE 2007 seduta pomeridiana

Intervengo anch'io, signor Presidente, per chiedere di aggiungere la firma all'emendamento 30.0.13 del collega Castelli e per fare presente che qui ci troviamo di fronte ad una proposta che è davvero tale da non poter essere rifiutata da qualunque persona di buon senso. Qui si prevede di sviluppare delle ricerche per la terza e quarta generazione di energia nucleare: quelle medesime ricerche che gli stessi ministri D'Alema e Bersani, negli scorsi giorni, hanno dichiarato essere probabilmente necessarie al nostro Paese. Respingere questo emendamento significherebbe una affermazione per partito preso, comporterebbe non fare una scelta a favore di altre energie contro il nucleare, ma fare una scelta contro la libertà di ricerca, ponendo un veto nei confronti di qualunque studio sulla possibilità di utilizzare una energia che in tutto il mondo, ormai, viene vista come quella necessaria.
LUNEDI' 12 NOVEMBRE 2007

Signor Presidente, innanzitutto intendo aggiungere la mia firma e quella del collega Saro sull'ordine del giorno G.84.100. Inoltre, vorrei esprimere una brevissima considerazione.
L'ordine del giorno G.84.100 impegna il Governo ad assumere le iniziative necessarie volte a modificare i criteri di ripartizione del gettito dell'8 per mille dell'IRPEF. È chiaro che se questa proposta interviene su materie oggetto del Concordato sarà necessario assumere un'iniziativa nei confronti della Santa Sede per individuare una ridefinizione dei termini della questione.
Ma vi è un aspetto che può essere modificato, non vincolato dal Concordato, rappresentato dal fatto che oggi la ripartizione non avviene sull'ammontare quantitativo delle singole indicazioni, ma sul numero delle stesse, indipendentemente dal loro ammontare, per cui sono messi sullo stesso piano dichiarazioni di chi ha redditi altissimi e di chi ha redditi minimi, portando ad uno squilibrio nell'attribuzione della quota dell'8 per mille. Queste sono le ragioni che mi inducono a sostenere questo emendamento.

MARTEDI' 13 NOVEMBRE 2007


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