sabato 31 marzo 2007

Intervento di Carlo Visco Gilardi al 45º Congresso Nazionale PRI

Desidero cominciare il mio intervento da un fatto locale. Dopo 14 anni sono tornato a ricoprire il ruolo di Segretario Regionale della Lombardia e devo dire che ho ritrovato un partito piccolo ma tutt’altro che prono, capace di mobilitarsi, di impegnare le proprie forze per eleggere prima e sostenere poi consiglieri comunali, come l’amico De Angelis, che ha riportato il PRI in Consiglio Comunale a Milano, e che ha saputo catalizzare il lavoro di molti repubblicani e di molti ex repubblicani che hanno ritrovato la voglia e le motivazioni per tornare ad occuparsi di politica e dei temi dell’amministrazione locale. Ma la novità più bella ed importante è stato trovare molti giovani, che già sono pienamente inseriti nel partito e che stanno dando un grande contributo con idee nuove sia sul piano politico e programmatico che sul piano della comunicazione.
Detto questo va subito affrontato il tema della collocazione del partito. Questo congresso arriva in un momento di passaggio in cui molto probabilmente si sta consumando la crisi di questo bipolarismo atipico che ci condiziona da 13 anni. Bipolarismo che nasce ed è tenuto assieme dalla figura di Berlusconi, che tiene insieme la destra e la sinistra, e che per il centrosinistra rappresenta l’unico motivo di coagulo. Su Berlusconi si possono dire tante cose, ma gli va ascritto il merito di aver ancorato l’Italia allo schieramento atlantico ed occidentale, che molto probabilmente senza di lui sarebbe stato messo in discussione, come stanno facendo alcuni esponenti del centro sinistra. Nello stesso modo gli si deve riconoscere il merito di aver facilitato il difficile percorso che ha portato il partito di Fini nell’area democratica e parlamentare. È probabile che, anche per ragioni anagrafiche, Berlusconi non sia più il leader del centrodestra per la prossima legislatura, se questa compirà per intero il suo cammino ed allora già, fin da adesso, sta iniziando il difficile riposizionamento delle forze politiche, per quella scomposizione e ricomposizione dei poli che tutti auspichiamo. Le vicende di questi giorni indicano con chiarezza che questo sarà il tema dominante dei prossimi mesi.
Che cosa deve fare il PRI. Innanzitutto deve fare una battaglia parlamentare e nell’opinione pubblica, affinché il sistema elettorale non venga determinato da quello che è alla base della richiesta dei referendari, ovvero la trasformazione in un sistema bipartitico, che sarebbe la fine per tutti quei partiti che, come il PRI, hanno l’orgoglio e la volontà di rappresentare un pensiero autonomo e non omologabile. Personalmente credo che il modello migliore sia quello tedesco, ma ripeto va innanzitutto sconfitto l’obiettivo del bipartitismo. In secondo luogo non possiamo deflettere sui nostri principi ed ideali, quali le nostra idee sulla politica estera e la politica economica. Io sono stato tra coloro che hanno sofferto la svolta di Bari, che ho accettato solo per le ragioni supreme delle scelte di politica estera e di politica economica. Mi domando, se ci fossimo trovati alleati con la sinistra estremista che applaude a Nassiria e brucia le bandiere di Israele, con che coraggio ci saremmo trovati in questo congresso, e avremmo avuto il saluto del rappresentante della comunità ebraica, accolto con grande entusiasmo da tutti noi. Quindi fedeltà alle nostre idee, capacità di allearci con altre forze e non solo con i liberali, per i quali plaudo il patto federativo annunciato dal segretario. Capacità di rappresentare il mondo liberaldemocratico e laico, che però non può essere l’unica condizione per incidere presso l’elettorato. Dobbiamo tornare ad essere il Partito che Ugo La Malfa seppe presentare all’Italia degli anni ’60. Il Partito della modernizzazione del Paese su vecchie e nuove prospettive, la riforma degli enti pubblici che continuano ad agire secondo schemi superati e lontani dagli interessi dei cittadini, la realizzazione delle grandi infrastrutture, come quelle che interessano il corridoio 5 (vedi TAV) ed il corridoio 1. La modernizzazione del Paese, che non può pensare, nell’Europa dei 27, di vantare solo il credito di essere uno dei 6 paesi fondatori.
Se n ci mettiamo al passo, rischiamo di essere ricacciati con i piedi nel Mediterraneo come temeva Ugo La Malfa.
E ritrono per un attimo alla politica estera; un Paese non può restare a lungo nella comunità occidentale se tratta con i terroristi e delega ad un privato le trattative stesse. Sullo stesso tema è grande il mio stupore di fronte all’affermazione dell’on. Fassino, secondo il quale si sarebbe dovuto trattare con le Brigate Rosse, per la liberazione di Moro. Ma proprio su questi punti deve distinguersi dal vecchio PCI.
Concludo infine con due osservazioni sulla relazione del segretario Francesco Nucara. La prima, pur comprendendo bene il contesto dell’affermazione, credo che non si possa disgiungere il contributo degli alleati da quello dei partigiani, nel conseguimento della democrazia in Italia, ed occorre ricordare il sacrificio dei partigiani delle brigate Mazzini e di G.L., che anche allora resistettero non solo al nemico oppressore, ma anche ai tentativi di omologazione, soprattutto da parte del PCI. L’altro appunto è sulla riforma statutaria per consentire l’autonomia delle Consociazioni Provinciali in materia di elezioni amministrative. Non vorrei che si usasse uno strumento statutario, quando forse basta la volontà politica. Temo che una modifica dello statuto in questo senso rischi di trasformare il PRI in un partito federale, difficile da gestire e con scelte politiche a macchia di leopardo.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

101% puro succo bananas!!!

La Malfa (quello vero!) e Spadolini vedendovi proni ai fascio-leghisti-affaristi collusi con la mafia, si stanno rivoltando nella tomba.

Puahh come fate a definirvi repubblicani??

ghislo ha detto...

Caro "veri repubblicani", prima di tutto congratulazioni per essere stato il primo ad inviare un commento al nostro blog.
Sarebbe interessante sapere che cosa intendi tu per "definirsi repubblicani".
Certamente la scelta di campo ha portato il PRI ad avere compagni di strada con cui poco si condivide. Peraltro non è che se la scelta fosse stata quella alternativa sarebbe stato tutto bello e facile. Non credo che quello che chiami "il La Malfa quello vero" avrebbe apprezzato di condividere la strada con i no-global e gli eredi variamente sparsi del comunismo; nè Spadolini avrebbe apprezzato di stare con chi non fa una scelta decisa tra Israele e gli hezbollah. Basta leggersi l'intervento al recente Congresso PRI del rappresentante della comunità ebraica Riccardo Pacifici per immaginare quale sarebbe stata la posizione di Spadolini.
Certo, con il PRI al 10% o anche solo al 5% dei voti una posizione di autonomia sarebbe la scelta ovvia e condivisa, ma la realtà non è quella.

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e

Anonimo ha detto...

good start