giovedì 26 luglio 2007

Dare credito ad Hamas significa indebolire Israele

Dichiarazione di voto sulle missioni all'estero, Senato, 24 luglio 2007.

di Antonio Del Pennino

Signor Presidente, desidero anch'io preliminarmente, come ha fatto il collega Buttiglione, esprimere a nome dei senatori del Gruppo della Democrazia Cristiana per le autonomie - Partito Repubblicano Italiano - Movimento per l'Autonomia la solidarietà al ministro D'Alema, come agli altri colleghi che ne sono stati oggetto, per l'attacco mediatico - giudiziario cui abbiamo assistito in questi giorni, attacco che ripropone il delicato problema di un corretto rapporto tra organi giudiziari e rappresentanze istituzionali e che ogni giorno di più è evidente nel nostro Paese.
Detto questo, i senatori del nostro Gruppo non voteranno per la proposta di risoluzione di maggioranza e voteranno invece a favore delle diverse risoluzioni presentate dai senatori Schifani, Pianetta, Mantica, Marini e Calderoli. Non possiamo votare la proposta di risoluzione che approva le comunicazioni del Governo non per un preconcetto di opposizione ma perché le dichiarazioni del Ministro degli esteri, pur contenendo considerazioni sulla politica europea e sull'impegno italiano per l'abolizione della pena di morte su cui conveniamo e su cui vasto è il consenso di tutte le forze politiche, appaiono, per altri versi, assai contraddittorie.
In particolare pur riconoscendo, a proposito della missione UNIFIL, il permanere di infiltrazioni di armi dalla Siria al Libano e il fatto che il controllo dei confini libanesi è oggi insufficiente, ci è apparso che, sul punto, egli sottovaluti i pericoli e la gravità della situazione. Basta ricordare le dichiarazioni al quotidiano in lingua araba "Hayat" dello sceicco Mohammed Yazbek, membro dell'ufficio politico di Hezbollah, che ha affermato: "Rispetto alla guerra dello scorso anno le nostre capacità sono quasi raddoppiate, siamo pronti ad ogni eventualità. Se il nemico si è preparato ed è pronto, noi pure siamo pronti a impartirgli una lezione che non dimenticherà".
La dichiarazione, arrivata dopo l'incontro a Damasco tra il segretario generale degli Hezbollah, Nasrallah, con il presidente Ahmadinejad e con quello siriano Bashar al-Assad, è resa più significativa dal ruolo che lo sceicco Yazbek ricopre, cioè quello di rappresentante ufficiale in Libano della guida suprema iraniana, l'ayatollah Khamenei.
Ci saremmo quindi aspettati dal Ministro alcune precise proposte da avanzare in sede di Nazioni Unite sul come rendere più incisiva la missione UNIFIL e non solo l'affermazione che, secondo il capo del Governo libanese, è necessario estenderla sino al 2008.
Del pari, pur ribadendo l'importanza della Conferenza tenuta a Roma sull'Afghanistan, ella, onorevole Ministro, ha piuttosto posto l'enfasi sulla necessità di un confronto internazionale, promosso dall'Italia sul valore della missione afgana. Forse perché era condizionato dall'appello firmato da 41 senatori della sua maggioranza proprio questa mattina, che hanno affermato: "attendiamo ancora la svolta in Afghanistan. La coalizione internazionale sembrerebbe aver rinunciato a praticare una netta discontinuità rispetto al passato. Per queste ragioni torniamo oggi a chiedere al Governo italiano di impegnarsi per un'effettiva inversione di rotta".
Proseguivano poi in questo appello, dichiarando che "la soluzione diplomatica dovrà essere perseguita con massima determinazione attraverso una conferenza internazionale, coinvolgendo l'Europa, i Paesi presenti con propri contingenti militari e i Paesi confinanti, nonché tutte le componenti del popolo afgano, chi accetta la presenza delle truppe internazionali e chi la osteggia". Quindi, secondo questi colleghi, anche i talebani.
Ecco perciò, su questo punto delicato, se il Ministro avesse voluto precisare una posizione chiara, evidentemente avrebbe determinato non pochi contrasti nella maggioranza.
Per quanto riguarda il problema dei rapporti israeliano-palestinesi, ci è sembrato che ella abbia voluto oggi correggere le sue precedenti dichiarazioni di San Miniato, ribadendo il ruolo di Abu Mazen e la sua personale amicizia con lui. Tuttavia, francamente, questo non ci appare ancora sufficiente. Hamas è un'organizzazione che ha un programma di guerra, di terrorismo e di distruzione di Israele. Non riteniamo possa mai essere coinvolta in un processo di pace, di costruzione dello Stato palestinese, se non ripudia il terrorismo come strumento di lotta e non accetta di riconoscere il diritto all'esistenza di Israele.
Ogni pur cauta apertura di credito verso questa organizzazione, il permetterle di ritenere che vi possa essere nei suoi confronti un ammorbidimento della comunità internazionale, senza che essa modifichi le sue posizioni, è qualcosa che non rafforza Abu Mazen e non avvicina il processo di pace in quella martoriata area.
Negli scorsi giorni - credo l'abbia ribadito anche poc'anzi in Aula - un autorevole collega della sua parte politica, il senatore Furio Colombo, ha scritto su "l'Unità" che "è chiaro a tutti ormai che senza Israele non ci sarebbe mai stata neppure la rivendicazione di uno Stato palestinese, dal momento che Giordania ed Egitto si erano già attribuite parte del territorio che avrebbe dovuto diventare Palestina". E proseguiva, affermando che "senza la permanenza stabile e sicura di Israele e del suo diritto alla pace non ci sarà mai alcuna patria dei palestinesi, ma soltanto guerriglia senza fine".
Sono affermazioni che condividiamo totalmente. La difesa del diritto di Israele ad uno Stato sicuro, secondo il Gruppo dei senatori della Democrazia cristiana, del Partito repubblicano, del Movimento per le autonomie, deve rimanere il punto centrale di ogni politica italiana nel Medioriente.

Nessun commento: